“Salve! Sono Pietro Perra, uno dei pochi operatori professionisti della lingua sarda in Sardegna. Io e i miei colleghi ci siano formati all’università di Cagliari e non solo: abbiamo conseguito Master, partecipato a Corsi e poi abbiamo insegnato il bilinguismo con corsi, traduzioni, pubblicazioni ovunque in Sardegna. Oggi sono qui e partecipo a Stòrias de Comunidadis, perché credo ancora al fatto che la cultura posssa essere un motore per fare andare avanti la Sardegna. Infatti in tutto il mondo la cultura, le lingue minoritarie e le specificità del luogo sono un gioiello, costituiscoo un tesoro, una risorsa e danno da lavorare a molta gente. In Sardegna non è cosi.
In Sardegna quando abbiamo iniziato a lavorare, abbiamo lavorato bene. Poi si è messa in mezzo la politica e ha distrutto tutto. Con la lingua sarda abbiamo lavorato bene sino a quando non si è messa in mezzo la politica: bandi comunali fatti con i piedi; il valore del professionista messo sotto i piedi; associazioni di lingua sarda costituite da ragazzi che non conoscevano nemmeno il sardo. Quindi tutto il bilinguismo ha iniziato ad andare molto male: traduzioni fatte sempre peggio; corsi in sardo fatti in italiano, come se io andassi a fare un corso in inglese e mi parlassero in italiano, cose dell’altro mondo!; i soldi sempre meno; sempre più Uffici linguistici della lingua sarda hanno chiuso.
Ora siamo a un punto che tutti i soldi che hanno speso sino ad ora, sono stati buttati, perché non abbiamo avuto una continuità nel lavoro. Cosa c’è che bisagna fare? Semplicemente bisogna dare valore ai professionisti, non ai cialtroni, perché in Sardegna funziona così: il cialtrone va avanti perché ha un amico in politica; il professionista, benché sia più bravo e preparato, viene messo da una parte.
Questo perché il professionista dimostra che il cialtrone non vale niente; e dimostra che da solo può andare avanti perché è bravo e vale. Ma i politici, che vogliono mangiare e vogliono dare da mangiare agli amichetti, non vogliono il professionista! Il professionista, l’eccellenza non va bene in Sardegna: è una cosa da mettere da parte.
E lo vediamo: noi abbiamo l’agricoltura che è lasciata morire, perché i bandi sono fatti male; abbiamo i nostri paesi che stanno crollando, perché i bandi sono fatti male; per non parlare del fatto che promettono i soldi e poi non li danno. E va bene: uno può dire “la politica non può dare soldi per tutto”, e va bene. Ma la politica ha il dovere di fare leggi per permettere al privato di aprire un’azienda; di fare una legge che permetta al contadino di fare bene ciò che vuole e come vuole nella sua campagna; di fare una legge che permetta di ristrutturare una casa. Qualsiasi cosa uno voglia fare, la risposta è no.
Nonostante questo, io dico una cosa: io sono uno dei ragazzi, (non più ragazzo, perché ho 40 anni), che ci crede e vuole restare in Sardegna. Io e altri ragazzi vogliamo combattere per restare in Sardegna, perché noi non possiamo lasciare la Sardegna in mano a persone che non valgono niente, come stanno facendo ora nella nostra terra. Io dico una cosa, il mio lavoro sulla lingua sarda è anche un lavoro politico, quando dico ad un ragazzo di dare valore alla sua lingua, io gli sto dando un input, per dare valore anche alla sua stessa persona, perché, se da ragazzi non hanno stima di se stessi, da adulti non potranno mai diventare individui consapevoli.
Individui in grado di pretendere e ottenere un lavoro di alto livello e diventare in questo modo completamente indipendenti. Perché l’alternativa sarà quella di essere eternamente colonizzati e servi di qualche dannato politico che gli dirà: “Votami e ti farò lavorare tre mesi! E, se sarai fedele lavorerai altri tre mesi…” In Sardegna se vuoi lavorare devi essere obbediente. Il che significa essere servili ad uno… e all’altro… Io non voglio questo. Io voglio essere indipendente, e ragionare con la mia testa. Indipendenza culturale e politica in cui la mia gente, veramente consapevole, sia in grado di dire: “No. Io ho il mio lavoro e non devo niente a nessuno!
Voterò solo chi dimostrerà di essere un buon politico. Punto e basta.” Sono stato un po’ polemico, ma è arrivato il tempo di essere polemici. Grazie, arrivederci.